Il dramma di Sara (Tb 3, 7-15)
In una fredda serata, venerdì 15 novembre, il solito gruppo di fedelissimi accompagnati dai padroni di casa che hanno curato l’animazione della serata, si è cimentato con il secondo episodio della famiglia di Tobi. Luca Moscatelli dopo aver introdotto il dramma di Tobi nel primo incontro ha accompagnato i presenti in quello di Sara.
Rileggiamo il brano ed ascoltiamo la Lectio proposta.
In ascolto della Parola
7Nello stesso giorno a Sara, figlia di Raguele, abitante di Ecbàtana, nella Media, capitò di sentirsi insultare da parte di una serva di suo padre, 8perché lei era stata data in moglie a sette uomini, ma Asmodeo, il cattivo demonio, glieli aveva uccisi, prima che potessero unirsi con lei come si fa con le mogli. A lei appunto disse la serva: “Sei proprio tu che uccidi i tuoi mariti. Ecco, sei già stata data a sette mariti e neppure di uno hai potuto portare il nome. 9Perché vorresti colpire noi, se i tuoi mariti sono morti? Vattene con loro e che da te non dobbiamo mai vedere né figlio né figlia”. 10In quel giorno dunque ella soffrì molto, pianse e salì nella stanza del padre con l’intenzione di impiccarsi. Ma, tornando a riflettere, pensava: “Che non insultino mio padre e non gli dicano: “La sola figlia che avevi, a te assai cara, si è impiccata per le sue sventure”. Così farei precipitare con angoscia la vecchiaia di mio padre negli inferi. Meglio per me che non mi impicchi, ma supplichi il Signore di farmi morire per non sentire più insulti nella mia vita”. 10In quel momento stese le mani verso la finestra e pregò: “Benedetto sei tu, Dio misericordioso, e benedetto è il tuo nome nei secoli. Ti benedicano tutte le tue opere per sempre. 12Ora a te innalzo il mio volto e i miei occhi. 13Comanda che io sia tolta dalla terra, perché non debba sentire più insulti. 14Tu sai, Signore, che sono pura da ogni contatto con un uomo 15e che non ho disonorato il mio nome né quello di mio padre nella terra dell’esilio. Io sono l’unica figlia di mio padre. Egli non ha altri figli che possano ereditare, né un fratello vicino né un parente per il quale io possa serbarmi come sposa. Già sette mariti ho perduto: perché dovrei vivere ancora? Se tu non vuoi che io muoia, guarda a me con benevolenza: che io non senta più insulti”.
Lectio proposta da Luca Moscatelli
Actio proposta per il mese
Suggerimenti per approfondimento
Poter dire anche noi, ognuno di noi: egli si è degnato di chiamarci alla vita, chiamando ciascuno per nome: eterno è il suo amore per noi. E ci ha dato una mente e un cuore, e occhi e mani, e sensi; e la donna ha dato a perfezione dell'uomo: eterno è il suo amore per noi. E pur se provati da mali e sventure, potati come vigne d'inverno, visitati dalla morte,... almeno qualcuno riesca a dire: eterno è il suo amore per noi. Che tutti gli umiliati e offesi del mondo, questo immenso oceano di poveri, possano un giorno insieme urlare: eterno è il suo amore per noi.
Padre D. M. Turoldo
Io non ti invoco per allontanare da me ogni pericolo, soltanto fa’ che io non debba averne mai paura. Né ti invoco per chiederti soccorso nella tribolazione, ma per essere più forte del dolore. Io non ti invoco per allontanare da me ogni male: a te chiedo soltanto di avere la forza di procedere. Un dolce giorno sulla prima aurora, umile, in volto io ti vedrò: tu aiutami negli affanni e nel buio dell’attesa, fa’ che io non possa dubitare di te.
R. Tagore